Le guerre puniche ed il controllo sul Mediterraneo

Oramai Roma aveva esteso il proprio dominio sulle città greche d’Italia e si trovò ben presto ad operare una radicale trasformazione in relazione alle nuove condizioni politiche ed economiche che la stavano spingendo inevitabilmente a scontrarsi con la città che in quel momento dominava su buona parte del Mediterraneo: Cartagine.
Infatti all’inizio del III secolo a.C. questa grande città controllava le coste africane fino all’Egitto e quelle spagnole del Mediterraneo, a sud la costa atlantica dell’Africa ed a nord fino alla Cornovaglia; gli interessi cartaginesi erano soprattutto commerciali al cui servizio era posta una immensa flotta, la componente militare della quale era pronta ad entrare in azione in caso di necessità.
La Sardegna, la Corsica e la Sicilia occidentale erano sotto il controllo cartaginese, i quali però rispettavano le coste italiche secondo quanto stabilito da trattati stipulati con gli etruschi prima e con i romani poi.
I contrasti fra Cartagine e l’astro nascente di Roma avvennero in Sicilia ove risiedevano i Greci, nemici secolari dei cartaginesi, e legati da rapporti di alleanza con gli stessi greci dell’Italia meridionale oramai controllati da Roma, la quale fatalmente arrivò allo scontro diretto contro Cartagine.
Le guerre puniche si combatterono nell’arco di molti decenni e videro i romani protagonisti sia sulla terraferma ma soprattutto sul mare dove per affrontare una grande potenza navale fu necessario “inventarsi” una flotta in grado di confrontarsi col nemico.
E proprio nella prima guerra punica di fondamentale importanza furono prima la battaglia navale di Milazzo del 260 a.C. e poi quella delle Egadi nel 241 a.C., che portarono Roma alla conquista della Sicilia e successivamente della Sardegna e della Corsica, strappando a Cartagine basi vitali per la propria economia.
Nella seconda guerra punica si affacciò prepotente il genio militare di Annibale, il quale portò la guerra in casa dei romani, i quali dovettero subire una sconfitta dopo l’altra fino ad arrivare al massacro di Canne nel 216 a.C., la situazione drammatica nella quale si venne a trovare Roma che corse anche il rischio di essere attaccata, fu parzialmente alleggerita dalla saggia condotta di Fabio Massimo il quale preferì evitare di affrontare in campo aperto Annibale, sfidandolo invece in una serie di attacchi “mordi e fuggi” e per questo fu detto il Temporeggiatore.
Solo con l’arrivo sulla scena del più grande genio militare che Roma abbia mai avuto e da troppi sottovalutato che la situazione cambiò, nel 210 a.C. in un momento davvero cruciale della seconda guerra punica ecco Publio Cornelio Scipione.
Ad onor del vero il giovane Scipione sulla scena della storia ci entra molto prima, Annibale ha appena attraversato le Alpi col suo esercito e sta per affrontare per la prima volta le legioni sul Ticino, le forze romane sono comandate da Cornelio Scipione padre e Publio a 17 anni accompagna il padre in quella che sarà la prima sconfitta patita contro Annibale, ma nonostante tutto il ragazzo trovò il modo di mettersi in mostra come ci racconta Polibio “… usciva in campo per la prima volta dopo aver ricevuto dal padre per sicurezza una squadra di scelti cavalieri. Allorchè vide nella battaglia il padre con due o tre cavalieri, circondato dai nemici e gravemente ferito, esortò i suoi a portargli soccorso e poiché questi esitarono, dato il numero dei nemici, si lanciò arditamente nella lotta e, con l’aiuto dei compagni che incitati dal suo esempio l’avevano seguito, mise in fuga gli avversari, salvando così il padre, il quale fu il primo, in presenza di tutti, a salutare il figlio come suo salvatore”; sempre il console ordinò che una corona civica fosse presentata al figlio il quale invece la rifiutò dicendo che “quell’atto si ricompensava da solo”.
Ma torniamo al 210 a.C., il 25 enne Publio Cornelio Scipione viene inviato in Spagna a comandare le legioni romane, la scelta non avvenne senza contrasti perché pur essendo colto, intelligente, animato da una profonda fiducia nei propri mezzi e ammiratore della cultura greca che tanto allarmava i tradizionalisti romani, questo giovane comandante non aveva ancora l’età per essere eletto console; di lui il Senato diffidava profondamente perché avvertiva, non a torto, che quel personaggio abituato a vincere possedeva innate le doti del condottiero e del capo, e temeva che magari con l’appoggio del popolo tentasse di porsi al di sopra delle leggi e delle tradizioni.
In Spagna Scipione riesce, con grande senso politico, ad attirarsi le simpatie e l’appoggio di molti capi iberici che in seguito si rivelerà determinante, modifica inoltre la tradizionale tattica dei comandanti romani facendo combattere le legioni in formazioni meno serrate e più elastiche, da lui la fanteria riceverà in dotazione il gladius ibericus, la spada a due fili, di ferro rigido, lunga 60 cm. e simile a quella i Celtiberi, con quella i legionari conquisteranno il mondo!
Dopo aver sgominato le forze cartaginesi in Spagna torna a Roma e, forte dell’appoggio popolare, ottiene il consolato e la Sicilia come provincia, da li (come fece Annibale quando decise di portare la guerra in Italia) sviluppa la grande idea di rendere pan per focaccia ai cartaginesi costringendo così Annibale a lasciare l’Italia, sbarca così in Africa e vince ai Campi Magni con l’aiuto determinante della cavalleria numìda di Masinissa ma sarà a Zama il suo capolavoro, i veterani di Annibale saranno sbaragliati alle spalle sempre dalla stessa cavalleria, spianando la strada alla fine della seconda guerra punica, era il 19 ottobre del 202 a.C.
La vittoria romana stabilì un nuovo sistema di equilibri nel Mediterraneo, nello scacchiere occidentale Roma subentrò a Cartagine nel controllo della Spagna, mentre la parte orientale rimase dominata dai regni di Macedonia, Siria ed Egitto spesso in contrasto tra loro; la Grecia invece era divisa fra città-stato e leghe di città, che costituivano un sistema instabile di alleanze.
Naturalmente Roma non poteva restare indifferente a questa situazione che, se da un lato causava motivi di inquietudine, dall’altro mostrava delle grandi opportunità di espansione, così si diede inizio ad una serie di operazioni diplomatiche e militari che nel giro di 70 anni circa li resero padroni di tutto il Mediterraneo, vanno ricordate le guerre Macedoniche culminate con la vittoria di Pidna del 168 a.C., la distruzione di Corinto nel 146 a.C. e l’assedio di Numanzia del 133 a.C.
Nella fase iniziale Roma impose la propria egemonia manifestando un certo rispetto dell’autonomia e degli interessi delle popolazioni conquistate, dopo il 168 a.C. invece adottò una politica di annessione diretta dei territori più spregiudicata, in linea con gli interessi capitalistici dei gruppi dominanti romani che prevedeva non soltanto l’assoggettamento e la distruzione dei possibili competitori ma lo sfruttamento intensivo dei popoli conquistati.

                 

                 

 

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